Negli ultimi giorni sto facendo un aggiornamento hardware al mio PC per aumentare la sua potenza, e sto anche ri-profilando monitor e macchina fotografica. L’idea è quella di iniziare il 2019 con nuovi settings e un cambiamento nel trattamento delle mie foto. Prendendo spunto da questo vorrei spendere qualche parola in merito allo “Spazio colore”, argomento sempre un po’ delicato e a tratti antipatico.
Una buona regola dice di scegliere lo spazio colore e non cambiarlo più, peccato solo che quando si affronta questo questione per la prima volta, non si hanno le idee perfettamente in chiaro quindi capita spesso che lo spazio colore debba essere rivisto e cambiato col tempo.
Quindi si, decidete e non cambiatelo più, ma prima di adottarne uno fate qualche prova, leggete guide, articoli e quant’altro possa fare chiarezza.
Ma cos’è lo spazio colore?
È esattamente quello che dice, uno spazio tridimensionale (che può essere anche rappresentato in modo bidimensionale) dove vengono definite le coordinate (RGB – XYZ) del colore che un dispositivo è in grado di rappresentare. Tanto più piccole sono queste coordinate, quanto più piccolo sarà lo spazio dedicato e disponibile al colore. I nomi standard degli spazi colori sono appunto relativi a questa grandezza. Quindi ci saranno spazi di colore più piccoli e più grandi.
In questo grafico sono visualizzati i vari spazi colori con il loro nome e un triangolo che definisce la gamma di colori che possono contenere e rappresentare. Le differenze sono piuttosto evidenti!
Ma perchè ne dobbiamo adottare uno tra questi? Non potremmo scegliere semplicemente quello più esteso e fine? Meglio di no, specialmente se non abbiamo chiaro alcuni aspetti fondamentali. Ma facciamo un passo indietro e pensiamo a come funzionano i sensori delle macchine fotografiche.
Quando scattiamo una foto il sensore cattura tutti i livelli luminosi (non i colori) della nostra scena, in pratica i fotositi presenti sul sensore si riempiono di fotoni e il livello ottenuto viene convertito in un valore digitale, tutti questi valori vengono registrati e contenuti nel file “RAW” (questa registrazione avviene indipendentemente se scattate in RAW o in JPG, più avanti farò una nota in merito).
La cosa interessante e che il sensore cattura molti più livelli luminosi di quanti possano essere rappresentai graficamente. Un mucchio di informazioni che devono essere elaborate in digitale per diventare una rappresentazione grafica: Il vostro file immagine, JPG,TIFF,PNG ecc… Per eseguire questa elaborazione il dispositivo deve avere un riferimento: “Quanti colori devo rappresentare?”, “Entro quali limiti devo elaborare le informazioni che leggo nel file RAW?”
La risposta spetta a noi decidendo quale spazio colore adottare, ma attenzione perchè spazio colore più grande significa anche elaborazioni più complesse e file più pesanti o meglio profondi in bit. Ma c’è un altro aspetto fondamentale da considerare! La gran parte dei dispositivi di visualizzazione presenti sul mercato (compreso il vostro monitor e il vostro telefonino) non sono in grado di rappresentare tutti i colori di uno spazio colore troppo ampio. Lo standard di visualizzazione più comune per il web e per gran parte dei dispositivi è lo spazio colore “sRGB”! Bella gabola!
Per fare un esempio, ecco una nota scritta nelle caratteristiche un monitor DELL di buona qualità:
“Color consistency comes standard: Your UltraSharp monitor is factory calibrated at 99% sRGB coverage to an accuracy”
Ma allora perchè adottare uno spazio colore ampio e “pesante” se poi non possiamo rappresentarlo in modo concreto? Ecco l’inghippo, ecco perchè dobbiamo decidere bene come vogliamo lavorare e quale spazio colore adottare:
Spazio colore piccolo ma condiviso e concreto? O Spazio colore più ampio, malleabile, preciso ma anche limitato per la distribuzione?
Difficile rispondere a questa domanda per tutte le esigenze, di sicuro qui posso condividere la mia scelta e sottolineare che queste considerazioni sono particolarmente valide per chi scatta in RAW ed elabora con Photoshop (PS) o altri software i propri scatti.
La mia scelta è “ProPhoto RGB”, lo spazio colore più ampio. Ho deciso in questo modo perchè preferisco conservare quante più formazioni possibili nelle mie foto. Si tratta di una scelta venuta col tempo passando per “sRGB” e constatando i suoi limiti. Di certo devo tenere conto nel mio flusso di lavoro di una mancanza di coerenza tra quello che post-produco e pubblico. Al momento della pubblicazione sul web devo in ogni caso convertire il file JPG nello spazio colore “sRGB”, ma durante tutta l’elaborazione preferisco avere a disposizione tutta la gamma di colori che la mia macchina fotografica è in grado di catturare. Tra l’altro tra l’elaborazione del file “RAW” e la pubblicazione del file “JPG” di regola ci sono degli step intermedi come il file “TIFF” o “PSD”, scegliendo lo spazio colore più ampio i colori saranno conservati in questi file e potrò sempre “tagliarlo a misura” a dipendenza di dove voglio pubblicare le mie foto. Se per esempio voglio fare una stampa, potrò sempre partire da un file completo e rielaborarlo (tagliandolo con il giusto spazio colore) per il suo scopo, scegliendo per esempio uno spazio colore differente per la stampa.
Ecco come ho impostato CR e PS:
Spero di aver fatto un po’ di chiarezza e avervi aiutato nella comprensione di questo argomento. Giusto un ultima nota prima di chiudere per chi scatta “JPG” e non fa post produzione… 😉
NOTA: Ma viste tutte queste considerazioni, perchè nella macchina fotografica nei settings è possibile selezionare uno spazio colore?
Perché se scattate in “JPG”, nonostante alcune malsane convinzioni, la post produzione viene delegata alla macchina fotografica! Quindi come facciamo manualmente in PS, dobbiamo definire lo spazio colore con il quale l’apparecchio farà la post-produzione e ci restituirà il file “JPG”. Tra l’altro in macchina spesso sono limitati a 2 gli spazi colore.
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